La violenza economica è una delle sfaccettature meno conosciute della violenza di genere.
Visto che il 25 novembre è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma la violenza si contrasta ogni giorno anche con la conoscenza, ecco il perché di questo articolo oggi.
Una precisazione necessaria: parliamo di violenza economica collegata al tema della violenza sulle donne perché statisticamente è più spesso la donna a subirla. Ma questo articolo vale per chiunque sia vittima di questo genere di abuso.
Cosa è la violenza economica?
Dicevamo, non puoi eliminare qualcosa se non sai cosa è e come agisce. E purtroppo la violenza economica permea ancora la nostra società senza che venga riconosciuta.
Iniziamo quindi dalla definizione. La violenza economica si verifica quando ad una persona è negato il diritto ad avere, controllare e gestire autonomamente delle risorse economiche e finanziarie.
Vediamo meglio come si concretizza e quali sono i dati in merito*.
Impedire di avere entrate finanziarie
Una delle maggiori cause di sudditanza economica deriva dal non avere delle entrate proprie: uno stipendio, un’attività propria, dei beni che producano una rendita.
La situazione lavorativa delle donne è ancora un tasto dolente nel nostro paese, con tassi di occupazione e retribuzione inferiori alla media europea. Una donna su dieci afferma che è il partner ad averle impedito di lavorare.
Se la scelta di non lavorare o lavorare meno deriva dal retaggio culturale per cui “l’uomo porta a casa la pagnotta, la donna cura casa e figli” o se è imposta da un qualsiasi familiare (genitore, tutore, coniuge) questa è una violenza economica.
Una forma ancora più estrema di violenza in campo lavorativo è lo sfruttamento non retribuito della manodopera, particolarmente frequente nelle attività a conduzione familiare.
Impedire di controllare le proprie entrate
Anche chi ha un lavoro e un proprio stipendio, dei risparmi o dei beni può subire abusi economici. Nel momento in cui non può avere il pieno possesso o controllo delle proprie risorse economiche. Un esempio classico è non avere un proprio conto corrente o non avere accesso al conto di cui si è intestatari o cointestatari.
Se una donna versa il suo stipendio in un conto cointestato con il marito, ma lei non ha le credenziali di accesso e non può controllare come vengono utilizzati i suoi soldi, quella è violenza economica.
Se una figlia che vive con i genitori è costretta a convogliare le sue entrate sul conto dei genitori, quella è violenza economica.
Magari la costrizione non arriva con un ceffone ma con la convinzione che quello sia l’unico modo, però la sostanza non cambia.
Pretendere un rendiconto delle spese
Un altro modo di umiliare una persona è quello di obbligarla a rendere conto di come spende i soldi. Dover chiedere i soldi per fare la spesa e mostrare gli scontrini, chiedere il permesso per comprarsi i vestiti, per pagare uno svago, quella è violenza economica.
Si tratta di un abuso tanto più grave se i soldi sono suoi, ma lo è anche se i soldi sono della famiglia.
Per essere chiari, se una donna e un uomo si accordano liberamente sul fatto che unə dei due lavorerà per portare uno stipendio e l’altrə lavorerà alla cura della casa e dei figli è legittimo. Però in quel caso le risorse economiche devono essere di entrambi, come entrambi godono dell’avere una casa in ordine. E devono poter essere gestite paritariamente da entrambi, senza dover chiedere il permesso o giustificare la spesa.
Prendere impegni finanziari ad insaputa della vittima
Un altro forma di violenza economica è quella di esporre una persona ai debiti senza che questa ne sia consapevole. Si potrebbe pensare che al giorno d’oggi non sia possibile, ci sono i controlli, si devono mettere le firme in presenza del personale della banca. Eppure può succedere, la persona viene portata in banca da un familiare con la spiegazione generica dei “documenti da firmare” e poi quei documenti sono un prestito, un finanziamento o un mutuo.
Qualsiasi azione a cui una persona non abbia dato un esplicito consenso informato è una violenza.
Tenere all’oscuro sulla gestione delle finanze comuni
Arriviamo ad una delle zone più grigie in ambito di violenza economica, quella in cui in una coppia uno dei due gestisca ogni aspetto finanziario e l’altro sia del tutto all’oscuro. Il 28% delle donne divorziate dichiara di aver subito decisioni finanziarie dal coniuge senza essere consultata.
Ho parlato di zona grigia perché in moltissimi casi capita che uno deleghi volontariamente all’altro perché non se ne vuole occupare. E non sempre il delegato è il marito, capita anche il contrario.
Premesso che ciascuno è libero di delegare se c’è fiducia, bisogna sempre fare attenzione alla delega totale e in bianco. Perché in un qualche modo mette sempre chi non si occupa delle cose in condizione di debolezza. Basti pensare anche solo al momento in cui il partner venisse a mancare, ci si troverà a non sapere dove mettere le mani col rischio di ritrovarsi in difficoltà. E infatti, il 61% delle donne divorziate soffre di un peggioramento della condizione economica.
Come si raggiunge l’indipendenza economica
Che sia feroce, subdola o inconsapevole, la violenza economica deve e può finire. Ecco da dove iniziare.
La conoscenza è potere
Imparare a riconoscere i comportamenti abusivi è un primo e importantissimo passo per riappropriarsi della propria libertà. Lo ripeto ancora, la violenza economica non sempre è portata avanti con lucida consapevolezza; la conoscenza può aiutare tanto le vittime a liberarsi quanto i colpevoli a fare autocritica e modificare i propri comportamenti.
Una delle principali cause di decisioni sbagliate in campo finanziario è la mancanza di conoscenza dei concetti e dei meccanismi di base. Il 10% della popolazione femminile ritiene di non essere preparata in ambito finanziario, contro il 4% degli uomini. Una sana educazione finanziaria ad ogni età è il modo migliore per prendere decisioni davvero libere e consapevoli sui propri soldi.
Chiedere una mano
Chi si riconosce come vittima di violenza spesso fa fatica a parlarne, per paura o per vergogna. Ma non c’è niente di cui vergognarsi nel voler prendere o riprendere il controllo sulle proprie finanze. Parlatene con una persona di fiducia e soprattutto rivolgetevi ad un consulente o una consulente in gamba, che possa guidarvi nel percorso di rinascita economica.
Cercate qualcuno che non vi faccia sentire giudicati o sminuiti ma che al contrario sia in grado di spiegarvi tutte quelle cose che non avete mai affrontato fino ad ora.
Pianificazione finanziaria per… persone libere!
L’ho già detto chiaramente, non esiste una pianificazione finanziaria per donne. Semplicemente perché credo che la pianificazione sia quanto di più lontano ci sia da generalizzazioni e standardizzazioni.
Ogni persona, a prescindere dal suo genere e dai suoi trascorsi, deve poter essere in grado di modellare il suo presente e futuro in modo che le garantisca la piena libertà economica.
Iniziare dai piccoli passi
Se arrivi da una situazione di violenza economica e stai cercando di riprendere il controllo è importante cominciare dalle basi. Trovare un lavoro ed iniziare ad avere delle risorse proprie. Aprire un conto corrente ed imparare a gestirlo. Apprendere e padroneggiare i principi della finanza personale, gestione delle spese e creazione del risparmio. E poi, gestione del risparmio per renderlo funzionale ai propri progetti.
Si tratterà di un percorso che parte dalle cose semplici e quotidiane e in men che non si dica arriverà alla pianificazione finanziaria.
I soldi non comprano la felicità, ma poter contare sulle proprie forze economiche rende liberi!