“Criteri che qualificano un investimento come responsabile e sostenibile, dal punto di vista ambientale, sociale e di governance”
Cosa c’è davverodentro la sigla ESG?
Tre parole: Environmental, Social e Governance.
In breve, la rivoluzione copernicana della sostenibilità.
Da tempo abbiamo capito che il nostro modo di vivere ha un peso eccessivo per il pianeta e per l’umanità stessa.
Da qui la necessità di ripensare al nostro impatto, in modo da renderlo appunto “sostenibile”.
La responsabilità maggiore grava sul sistema economico e produttivo, che in molti casi ha un impatto fortemente negativo sull’ambiente, sulla società e sul governo delle stesse società.
Sempre di più la normativa cerca di intervenire per spingere a quella rivoluzione che ancora fatica a decollare.
Un esempio molto recente è la modifica di due articoli della nostra Costituzione.
All’art. 9 è stata inserita la tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema. E nell’art. 41, che tratta dell’iniziativa economica, è stato specificato che questa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno ALLA SALUTE, ALL’AMBIENTE, ALLA SICUREZZA, alla libertà, alla dignità umana”.
Questo ha interessato ovviamente anche il mondo finanziario, e sempre di più gli investimenti sono valutati in base alla loro aderenza ai tre parametri della sostenibilità.
Ma come spesso accade, tra la teoria e la pratica c’è parecchia differenza.
I criteri sono ancora troppo spesso vaghi e poco stringenti. E soprattutto, è ancora poco trasparente il meccanismo con cui alcuni strumenti sono classificati come ESG.
Sicuramente dal paradigma ESG non si torna indietro, ma la strada ancora da fare è davvero molta!